Perché ti alzi alla mattina e vai a lavorare?
Questa domanda ne nasconde in realtà un’altra: perché fai ciò che fai?
Ma la risposta a questa è solitamente una sola: non lo so. Oppure: Boh.
Torniamo quindi alla prima. Perché vai a lavorare?
Questa domanda l’ho sentita qualche giorno fa. L’ha posta ai suoi suoi collaboratori il capo filiale di una grossa multinazionale del settore alimentare.
Ad ognuno dei partecipanti, tutti riuniti in cerchio, il capo ha posto la fatidica domanda puntandogli contro il dito indice.
Perché vai a lavorare? Risposta pressoché unanime: per i soldi.
Tradotto: vengo qui a vendere a questa azienda porzioni della mia Vita in cambio di soldi.
A me piace approfondire queste tematiche e quindi dopo, a riflettori spenti, chiedo: siccome la tua Vita ha un valore inestimabile, ciò che percepisci per venderne una parte a qualcun’altro ti rende soddisfatto?
La risposta ricade nella categoria dei “dipende”. Dipende da cosa?
Dipende dal perché. Se uno va a lavorare solo per portare a casa soldi e si limita quindi a vendere il suo tempo, la risposta alla domanda se si sente soddisfatto sarà certamente negativa.
Se invece va a lavorare perché nel lavoro sente di poter realizzare sé stesso, allora le cose cambiano Come si fa a realizzare sé stessi nel lavoro?
Ci deve essere un ambiente che favorisce la libera espressione e la massima realizzazione del potenziale che ognuno di noi possiede.
E l’ambiente lo determina la Direzione, la Proprietà. Un ambiente positivo, in cui le persone si sentono libere, genera nei collaboratori spirito di appartenenza.
Il quale amplifica il senso di responsabilità. In contesti del genere che le persone danno naturalmente il massimo.
Non servono indicatori e target imposti dall’alt
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